Dopo l’Unità d’Italia iniziò un processo che andò sotto il nome di Piemontesizzazione, teso ad estendere la struttura politico-amministrativa del Regno di Sardegna alle regioni unificate e il provvedimento legislativo che avviò tale iter fu la legge 20 marzo 1865, n. 2248.

Nel tempo, fu necessario apportare nuove modifiche alla normativa e quindi, 23 anni dopo, il Re Umberto I promulgò la legge 30 dicembre 1888, n. 5865, con cui vennero fissate le articolazioni e la fisionomia amministrativa di ogni comune del Regno d’Italia.

Nello specifico, si dispose che:

- il Segretario comunale poteva essere condiviso fra più comuni del medesimo Circondario;

- potevano costituirsi nuovi comuni solo se, previa autorizzazione e ove sussistessero le condizioni, avevano una popolazione superiore alle 4.000 anime

- per essere elettori ed essere iscritti nelle liste elettorali bisognava aver compiuto 21 anni, essere cittadini italiani, non aver perso i diritti politici, saper leggere e scrivere

- si poteva esercitare il diritto di voto solo nel comune di residenza e dimostrando di pagare le tasse comunali

- il genitore analfabeta poteva delegare il diritto di voto al figlio che sapeva leggere e scrivere

- erano comunque considerati elettori chi deteneva in affitto o mezzadria terreni per i quali pagava un imposta annua non inferiore alle 15 Lire

- analogamente era considerato elettore chi per abitazione, magazzini, botteghe, opifici in genere pagava una pigione annua non inferiore a Lire 20 per i comuni con meno di 1.000 abitanti, di Lire 50 per quelli con un numero non superiore a 2.500 anime, di Lire 100 per quelli fino a 10.000 abitanti, di Lire 130 per quelli fino a 50.000 abitanti, di Lire 160 per quelli fino a 150.000 abitanti e Lire 200 per i Comuni con un numero di residenti superiore ai 150.000; tra l’altro, bisognava dimostrare di essere in questa condizione da almeno 5 anni per essere iscritti nelle liste elettorali;

 - i militari, finché in servizio, non potevano esercitare il diritto di voto

 - erano eleggibili tutti gli iscritti alle liste elettorali tranne i ministri di culto; i funzionari governativi e i loro dipendenti, addetti alla vigilanza sulle amministrazioni comunali; gli impiegati amministrativi degli stabilimenti locali di carità e di beneficienza; i salariati del comune o delle istituzioni da esso amministrate; chi avesse contenziosi in atto con il comune; coloro che direttamente o indirettamente avevano parte in servizi, esazioni di diritti, somministrazione o appalti nell’interesse del comune o in società e imprese aventi scopo di lucro, sovvenzionate in qualsiasi modo dal comune medesimo.

Inoltre, la legge escludeva dal novero degli elettori e degli eleggibili gli oziosi, i vagabondi, i mendicanti, i ricoverati negli ospizi, i condannati a vario titolo e i commercianti falliti.

Interessante è la lettura delle modalità per esercitare il voto e indicare le preferenze, che variavano da 5 nomi, per i comuni più piccoli, fino ai 4 quinti della lista per gli altri.

Singolare era la procedura prevista per la nomina del Sindaco che era scelto dal Consiglio Comunale per i paesi con più di 10.000 abitanti, mentre era nominato direttamente dal Re fra i consiglieri comunali eletti negli altri casi.

Di seguito, la legge nella sua versione completa

 

icon Legge 30 dicembre 1888, n.5865

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